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Tu non sei la tua mente razionale

Mente razionale o emotività?

Da buona razionalista quale sono, o forse dovrei dire “ero”, ho sempre trovato illuminante il pensiero di Cartesio “cogito ergo sum”. Mi sembrava fosse una perfetta spiegazione del funzionamento e dell’importanza della mente razionale, dell’intelligenza, del pensiero logico.

Ecco, mi sbagliavo.

Scoprire che io non sono la mia mente e nemmeno le mie emozioni, è stato quanto di più sconvolgente e liberatorio io abbia mai provato.

L’assenza di pensiero

Ho iniziato ad intuirlo attraverso la meditazione e ancora di più attraverso gli esercizi di visualizzazione e l’ipnosi, quando mi sono resa conto che nell’assenza di pensiero stava una maggiore, e non minore, concentrazione. Sempre con la pratica dell’ipnosi ho imparato a modificare le emozioni, incanalarle, insomma, gestirle, e il primo passo è stato quello di riconoscerle come qualcosa di diverso rispetto a me.

Pensaci, quando esprimi un’emozione come parli?

“Sono triste, sono arrabbiata, sono depressa, sono felice, sono ansiosa, sono disgustata, ecc.”. Ecco, nel momento in cui tu “sei” questi stati d’animo, è molto più difficile modificarli o lasciarli andare: ne sei vittima, finché loro per qualche ragione, sempre esterna a te, si modificano.

Oltretutto, pensieri ed emozioni si alimentano reciprocamente: osserva il meccanismo: sei arrabbiata con qualcuno, come sono i tuoi pensieri? Sicuramente ti vengono in mente tutte le ragioni per cui quella persona ti ha fatto arrabbiare da quando la conosci ad oggi, e questo alimenta la tua rabbia sempre di più, finché esplodi e le rinfacci anche di essere nata.

Un semplice esercizio

Come se ne esce?

  • Prima di tutto modifica il tuo linguaggio: non dire “sono triste”, ma “vivo un momento di tristezza” oppure anche “mi sento triste”.
  • Osservati da fuori, fai questo esercizio di visualizzazione, proprio ora mentre leggi questo articolo: chiudi gli occhi, fai un respiro profondo e lascia che la tua consapevolezza ti porti fuori da te. Osservati dall’esterno, osservati da dietro la nuca. Guarda la tua testa, il tuo corpo, e osserva quella persona e i suoi sentimenti, le sue emozioni, i suoi pensieri. Senti che sei altro, sei di più oltre a quello che stai osservando.
  • Quando nel corso della giornata torni nel pensiero ossessivo, o nelle emozioni negative, ripeti l’esercizio. Osservati da fuori. Crea distacco. Consapevolezza di non essere “solo” quello, ma molto di più.

 

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I 2 passi fondamentali per lasciar andare il dolore

Quando soffri, che sia per un lutto, per una separazione, la fine di un lavoro o qualsiasi altra causa, una cosa che sicuramente acuisce il malessere è il fatto di essere completamente identificata nelle tue emozioni.

Molti anni fa, quando ero solo una ragazzina, dovetti affrontare l’immenso lutto per la morte di mio padre, evento improvviso e assolutamente inaspettato. Di quei giorni porto con me alcuni flash, in particolare del momento in cui appresi la notizia e della cerimonia funebre; in particolare, mentre assistevo al rito, ricordo distintamente di essermi sentita dissociata: il mio corpo piangeva disperato, ma nello stesso tempo una parte di me molto più profonda mi diceva che quel dolore non era necessario, che non c’era da piangere perchè tutto era semplicemente andato come doveva andare.

La me stessa quindicenne pensò di essere impazzita, che quella dissociazione fosse anche normale in un momento di così intenso dolore; oggi, a distanza di più di 25 anni, dopo molti anni di approfonditi studi sull’Anima e sulla reincarnazione inizio a leggere quella sensazione come qualcosa di molto più importante e profondo. Una consapevolezza, o forse addirittura un remoto patto animico che la mia anima mi stava ricordando in quel momento. Dei patti animici mi riprometto di parlare in modo più approfondito nei prossimi giorni, quello che invece mi preme condividere con voi oggi è una riflessione sul dolore, e sul fatto che alcuni momenti della vita sono così densi e difficili da affrontare proprio perchè noi siamo completamente identificati con il nostro dolore.

In alcune situazioni, addirittura, soffriamo semplicemente perchè “si fa così”: tutti ci aspettiamo di soffrire quando il partner ci abbandona, quando un’amicizia finisce o quando perdiamo il lavoro… Dunque perchè le cose dovrebbero andare diversamente? Entriamo in un tunnel di emozioni negative, le persone vicine magari ci guardano con compatimento e noi entriamo nell’identità della persona che soffre.

Ma da dove proviene in realtà quel dolore? Ebbene, il dolore arriva dalla identificazione con le emozioni e dal giudizio.

Pensaci: come ti esprimi quando attraversi un momento doloroso? “Sono triste”, “sono addolorata”, “sono depressa”, oppure “sto attraversando un momento di tristezza”, “vivo un momento di dolore”? Se utilizzi la prima modalità, ecco che sei tutt’uno con le tue emozioni e questo ti rende molto più difficile lasciarle. Le emozioni negative diventano parte di te, ti definiscono. Non solo, crogiolarti nel dolore ti mantiene nell’illusione di avere ancora vicino a te la persona che ti ha lasciato: inconsciamente temi che lasciando andare il dolore perderai anche lui. Tutto questo è illusorio, ma è una trappola difficile da abbandonare.

In secondo luogo il dolore deriva dal giudizio, o meglio, dal fatto che tu reputi ingiusto ciò che ti è accaduto; pensaci, se lo considerassi giusto, non ti farebbe soffrire. Lo accetteresti di buon grado. Semplice.

Quindi, come puoi fare per iniziare da subito a ridurre e lasciar andare il tuo dolore?

  1. Smetti di identificarti con le emozioni negative: non sei ciò che provi. Quando il dolore ti assale, osservati da fuori. Chiudi gli occhi, fai un respiro profondo e immagina di osservarti dall’esterno. Ripeti questo esercizio ogni volta che è necessario, e ti accorgerai che quel dolore sì, appartiene al corpo, ma non all’Anima. Osservare il dolore dall’esterno aiuta a scioglierlo e a lasciarlo andare.
  2. Smetti di giudicare. Prova ad esercitarti a non emettere giudizi su te stessa, sugli altri o sulle situazioni. E’ molto difficile, lo so. Ancora più difficile se pensi di essere una persona che non giudica (io ho commesso questo errore, lo ammetto). Anche sul non-giudizio prometto di scrivere in modo più approfondito… Per il momento osservati e accorgiti di quante volte nel corso della giornata giudichi, nel bene o nel male.

Sono solo due passaggi, ma possono davvero fare miracoli nella gestione del dolore: sia fisico che emotivo.

Prova, e fammi sapere come va’.

3 ragioni per cui stai soffrendo

Come ho avuto modo di spiegare in un precedente articolo, dolore e sofferenza sono due condizioni molto diverse: il dolore è acuto, legato ad una circostanza specifica, ed è un’esperienza che fa crescere. La sofferenza è uno stato dell’essere molto più sordo e prolungato, che può certamente nutrirsi del dolore, ma si nutre anche dell’insoddisfazione, della tristezza, della frustrazione, ecc., cioè di tutte quelle emozioni che vibrano a livelli bassi, e così facendo si espande nella persona e la tiene in una condizione di scarsità di energia.

Soffrire in effetti è molto più faticoso che essere felici, ma spesso ci sembra di non essere in grado di uscirne. Ecco 3 possibili cause di sofferenza:

  1. Hai cercato di fare in modo che le tue emozioni si adeguassero ai tuoi pensieri, e non viceversa. La felicità parte dal farti guidare da ciò che emotivamente ti appaga, utilizzando la mente razionale per escogitare un piano per raggiungere quello scopo: le emozioni sono la tua guida, la mente è colei che organizza il viaggio. Spesso però si cerca di fare il contrario: lasci che la mente ti dica cosa secondo lei è giusto che tu faccia, e ti aspetti che le emozioni si adeguino. Ti dò una notizia: le emozioni non si adeguano. Mai. Puoi gestirle nel breve periodo, ma prima o poi si faranno vive: stress, ansia, attacchi di panico, insonnia, sono tutti sintomi del fatto che stai cercando di imporre alle tue emozioni qualcosa che non va bene per te. In escalation finchè o scoppi oppure ti ammali seriamente.
  2. Non conosci la tua missione. Vivi una vita che non è tua, fai un lavoro che non ti piace, resti in una relazione che non ti dà più nulla e non capisci perchè stai male. Ti manca uno scopo! Qual è la tua missione? Perchè sei nata? Non credi che ci sia uno scopo superiore? Cosa anima le tue giornate? Cosa ti fa stare bene? Quando ti senti “al posto giusto nel momento giusto”?
  3. Assuefazione. La sofferenza è diventata il tuo status normale, al punto che non credi nemmeno più di poter vivere diversamente. Semplicemente la sofferenza è ora la tua zona di comfort, se pensi di immaginarti libera, come ti senti? Se, immaginando di liberarti dalla sofferenza, ti senti spaesata, quello è un segnale certo di assuefazione.

Ti dò una buona notizia: si può uscire dalla sofferenza. Te ne dò anche una cattiva: ci devi lavorare. Ma ti posso garantire che ne vale la pena, e che è molto più semplice di quanto sembri prima di iniziare perchè mentre lo fai, la tua energia aumenta.

Senti di essere sulla strada giusta, tutto assume un senso e una ragione. E ti chiedi perchè ci hai messo tanto.

Un solo consiglio: fatti aiutare. Puoi riuscirci anche da sola, sì… Ma con un aiuto risparmi un sacco di tempo e di tentativi a vuoto.

 

Cos’è il dolore e perché non va confuso con la sofferenza

Quando finisce una relazione, o più in generale quando perdi qualcuno, sei trafitta dal dolore e questo è un passaggio quasi inevitabile.

“Quasi” perché il dolore è direttamente proporzionale all’investimento emotivo che hai fatto su quella persona o su quel rapporto, quindi se l’investimento emotivo era minimo o non c’è proprio stato, o magari l’hai ritirato molto tempo prima che la relazione finisse, allora non proverai dolore, ma magari sollievo, liberazione, tristezza dovuta a varie circostanze, paura di restare sola, ma non dolore.

Il dolore reale è acuto, come una pugnalata allo stomaco, ti sembra quasi di spaccarti a metà, ma non è una perdita di energia. Anzi, è energia tua, che torna a te. La famosa crepa da cui entra la luce

Quando investi emotivamente su qualcuno, doni a quella persona parte della tua energia vitale. Fai un investimento energetico, dedichi una parte di te a lei, immagini il futuro, modifichi il tuo presente. Quando la relazione termina quell’investimento energetico, quella energia che è tua, torna a te. O, per meglio dire, ti torna addosso come un elastico, attraversando i tuoi corpi energetici. Ti lacera per tornare a te. Ed ecco il dolore.

E’ però un dolore positivo, che ti cambia in meglio, perché ti arricchisce: quando ti riappropri di quella parte di te non torni come prima, ma cresci, diventi una te migliore, più consapevole, più evoluta. Più grande.

Come dicevo, il dolore è acuto. Può durare più o meno a lungo a seconda di quanto è stato il tuo investimento energetico e della tua velocità di recupero, ma prima o poi termina e ti arricchisce. Ti lascia più matura di come ti ha trovata.

La sofferenza è invece uno stato emotivo che si autoalimenta. E’ la situazione di chi è insoddisfatto di sé e della propria vita, ed è molto più stagnante e sorda del dolore. Se ne può alimentare, certo: cresce nutrendosi di ogni esperienza che risuona al suo stesso livello vibrazionale e continua a creare nella tua vita situazioni di insoddisfazione, in modo da trarne nutrimento in un circolo vizioso.

La differenza è sottile, ma sostanziale: il dolore è sano, la sofferenza no. Dato un importante investimento emotivo, il dolore è (quasi) inevitabile, la sofferenza no.

Il dolore si esaurisce, e ti lascia arricchita.

La sofferenza, no. Ma si può riconoscere e far cessare, alla luce della consapevolezza.

 

 

4 fasi per uscire dalla comfort zone: la Barriera del terrore

La comfort zone

Ogni volta che nasce l’idea di realizzare un desiderio importante, le azioni e la stessa realizzazione di quel desiderio si trovano fuori dalla tua comfort zone. 

Tutti noi abbiamo paura di agire per via di ciò che potremmo perdere; tuttavia, si dice che “la grotta in cui hai paura di entrare contiene il tesoro che cerchi”. Ma la paura va affrontata, altrimenti niente tesoro. 

Il Subconscio realizza le tue credenze

E’ come se fossi divisa in due: la coscienza accetta, rifiuta e origina le idee; il subconscio, quindi la parte più profonda e non cosciente, accetta tutto ciò che arriva dalla coscienza e non può distinguere tra reale e immaginario. E’ inoltre lui a determinare la vibrazione energetica del corpo. 

Il subconscio, sulla base delle informazioni che riceve, genera i paradigmi, ovvero l’insieme delle tue abitudini di pensiero che determinano i tuoi risultati. I paradigmi hanno origine dalle conversazioni con altri, dalle esperienze passate, dalle convinzioni: essi si trasformano in credenze e determinano ciò che ottieni nella vita 

Quando dentro di te pensi ad esempio “non sono abbastanza brava, intelligente, colta”, oppure “non sono degna di amore, ho un pessimo carattere e nessuno mi amerà mai” ecco che quei pensieri scendono nel subconscio, che li accetta per veri, e in base ad essi genera i paradigmi che plasmano la tua realtà e condizionano il tuo presente. 

Il subconscio, infatti, lavora con la coscienza infinita dell’Universo per realizzare quelle che sono le tue profonde credenze e plasmare la realtà in base ad esse: nella realtà trovi quindi quello che è il riflesso delle tue credenze.  

E le credenze vengono sempre realizzate.  

Ottieni gli stessi risultati finché mantieni le stesse credenze. 

Questo vale per qualsiasi ambito della vita: professionale, emotivo, sentimentale, relazionale, economico, ecc. Se vuoi cambiare i tuoi risultati devi necessariamente modificare le tue credenze su te stessa. 

La nascita di una nuova idea

Ma cosa accade quando una nuova idea, un desiderio, sorge dalla tua coscienza? Ad esempio, magari desideri metterti in proprio e lasciare il tuo lavoro dipendente, oppure uscire da una relazione che non ti rende più felice. 

Finché quel pensiero resta in superficie, nella coscienza, non è un problema, è solo un piccolo desiderio innocuo.

Ma cosa accade quando inizi ad agire su di esso e a fare dei passi concreti in quella direzione? Ecco che quel piccolo desiderio innocuo inizia a crescere, nutrito dalle emozioni.  

Quando compare un collegamento emotivo, quando il desiderio ti fa emozionare, allora si radica nel subconscio. 

Ora nel tuo subconscio hai due idee opposte e incompatibili, ed esse sono come olio e acqua, non si possono mescolare: rimango dipendente o mi metto in proprio? Porto avanti la relazione o la chiudo? Resto in questo lavoro o cambio?

Il sistema nervoso va in tilt: “Ommioddio, è un’idea assurda, non ce la farò mai. Ci saranno molti problemi, difficoltà insormontabili”. I tuoi paradigmi vogliono che tu rimanga nella zona di comfort, non certo che ti avventuri in un territorio sconosciuto. A loro modo cercano di proteggerti. 

Questo meccanismo si attiva ogni volta che inizi ad imprimere una nuova idea nel subconscio: il continuo imparare, progredire e muoversi in avanti spaventa; quindi, la maggior parte delle persone si limita a restare dove è. 

Paura e crescita vanno sempre di pari passo. 

Lasciare la comfort zone

Quando ti avventuri fuori dalla zona di comfort attraversi sempre quattro fasi (la quarta è infondo): 

  1. Schiavitù. In questa fase sei bloccata ai tuoi vecchi risultati. Negli esempi di prima, procedi con il tuo lavoro dipendente, oppure mantieni la tua relazione e sei nelle stesse dinamiche di sempre. Continui ad alimentare e ad ottenere gli stessi risultati che non vuoi più e che sono causati dai condizionamenti già presenti nel tuo subconscio. Continui a pensare nello stesso modo e dunque ottieni sempre gli stessi risultati. 
  2. Ragione. A livello cosciente inizi a creare una nuova idea in cui ipotizzi di vivere la vita che vuoi. Ad esempio, inizi a pensare ad un lavoro autonomo, o a chiudere la tua relazione.  Tuttavia, continui ad avere i risultati precedenti, perché quell’idea non è ancora interiorizzata e quindi non può mutare la realtà. Ti occupi dell’idea nuova solo a livello cosciente, ma è un’idea su cui ancora non agisci, che non ha raggiunto il tuo subconscio, e non ne sei emozionalmente coinvolta. A questo punto per interiorizzarla, e quindi darle forza, devi abbinarla a forti emozioni, iniziando a pensare seriamente “come sarebbe bello se…”. 
  3. Conflitto. Le idee con cui sei emotivamente coinvolto controllano la vibrazione in cui ti trovi. Anche se i risultati che ottieni sono ancora quelli che non vuoi, comunque ti senti a tuo agio perché sei nella tua zona di comfort. Ma nel momento in cui l‘idea nuova arriva nel subconscio e si scontra con la precedente, il sistema va in tilt: dubbio, ansia e preoccupazione ti tormentano. Questo accade perché i due paradigmi sono contrari e incompatibili tra loro: dunque uno deve sparire. O torni dov’eri, oppure vai avanti, ma in questa situazione non puoi stare.

La Barriera del Terrore

L’idea nuova ti spinge avanti, l’idea vecchia ti riporta indietro. Sei spaventata dall’andare avanti, ma non vuoi tornare indietro e non puoi stare ferma. Questo punto di discomfort è esattamente quello della Barriera del Terrore.

Dubbio, paura e ansia possono indurti alla ritirata nella zona di comfort, là dove non c’è crescita.

A questo punto molte volte accade di rimbalzare dalla barriera del terrore e tornare nella fase uno, quella della schiavitù: se opterai per questa strada ti giustificherai raccontandoti che è stato meglio così, che i rischi erano troppo grandi, che non era la strada giusta per te, e così via. In un attimo tornerai nella zona di comfort, ma a quale prezzo? 

Come si fa per progredire ed uscire dalla comfort zone? 

  • Riconosci che hai semplicemente introdotto una nuova idea, che non si mescola ancora con quella vecchia che hai di te stessa; 
  • Continua a nutrire quell’idea nuova con gratitudine e fede. Continua a pensare e ragionare sui modi che potrebbero aiutarti a farla crescere, pensa ai benefici, continua a pensarci. La paura ti può portare a smettere di pensarci, a non pensarci più, ma più ci pensi più quella si imprime nel subconscio e prende forza; 
  • Continua a spingere verso quel territorio sconosciuto di cui ti sei innamorata: nutri quell’idea. Se lo fai, stai già facendo passi in avanti verso l’uscita dalla comfort zone e l’abbattimento delle barriere del terrore. 

 Se un’idea ti spaventa ed entusiasma nello stesso tempo, allora è la strada giusta da seguire per raggiungere la vita che desideri. Se ti trovi sulla barriera del terrore hai due possibilità: o torni indietro oppure procedi verso la libertà. 

4) Libertà. E’ la fase di abbattimento della barriera del terrore. Hai scelto di procedere comunque, nonostante i dubbi, le paure e le ansie non torni indietro.

La comprensione di ciò che sta accadendo ti permette di fare il fatidico passo avanti: il dubbio, la paura e l’ansia sono ancora lì, ma sai che se insisti nel tuo percorso se ne andranno velocemente. Il condizionamento cambia, e inizi a vivere in una nuova realtà 

La comprensione della barriera del terrore non la farà sparire, ma capire cosa sta succedendo ti può aiutare a superarla e a muoverti al suo interno.

Ora sai che in momenti di grande cambiamento andare in tilt è normale: la zona di crescita è sempre fuori dalla zona di comfort. 

 

Chiara

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