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Ipnosi: verità e falsi miti

La Storia dell’Ipnosi: verità e falsi miti

L’ipnosi, spesso avvolta da un’aura di mistero e falsi miti, è una pratica antica che risale a migliaia di anni fa: scopriamo insieme la verità.

Le sue radici si trovano nelle antiche civiltà egiziane, greche e romane, dove veniva utilizzata come metodo di guarigione spirituale. Nel XVIII secolo, Franz Anton Mesmer portò alla ribalta l’idea del “magnetismo animale,” un concetto che avrebbe gettato le basi per l’ipnosi moderna. Tuttavia, fu il medico scozzese James Braid, nel XIX secolo, a coniare il termine “ipnosi” e a sviluppare tecniche più scientifiche e sistematiche per la sua applicazione.

Oggi, l’ipnosi è riconosciuta come uno strumento efficace utilizzato in diversi ambiti sia della medicina e della psicologia, sia del benessere olistico in generale.

L’ipnosi è un argomento affascinante ma spesso frainteso.

Esploriamo insieme alcuni dei falsi miti più comuni e scopriamo la verità dietro questa pratica.

Mito #1: L’ipnosi ti fa perdere il controllo

Uno dei timori più comuni è che l’ipnosi ti faccia perdere il controllo della tua mente e delle tue azioni. In realtà, durante una sessione di ipnosi sei sempre consapevole di ciò che accade intorno a te. L’ipnosi è uno stato di rilassamento profondo e concentrazione, ma non ti priva della tua volontà.

Mito #2: Puoi rivelare i tuoi segreti più profondi

Un altro mito diffuso è che sotto ipnosi potresti rivelare segreti personali contro la tua volontà. La verità è che non dirai nulla che non vuoi dire. L’ipnosi non può costringerti a parlare o agire contro i tuoi principi.

Mito #3: Solo persone deboli di mente possono essere ipnotizzate

Si pensa spesso che solo le persone facilmente influenzabili o deboli di mente possano essere ipnotizzate. Tuttavia, la capacità di essere ipnotizzati dipende principalmente dalla tua volontà di rilassarti e seguire le istruzioni dell’ipnotista. È una pratica che può funzionare con chiunque sia disposto a partecipare attivamente.

Mito #4: L’ipnosi è pericolosa

L’idea che l’ipnosi sia una pratica pericolosa è infondata. Quando eseguita da professionisti qualificati, l’ipnosi è sicura e può essere un valido strumento per trattare diverse condizioni come l’ansia, la gestione del dolore, le dipendenze… E ovviamente per lavorare sulle proprie ferite animiche e sui propri blocchi karmici.

In conclusione, l’ipnosi è una tecnica sicura e potente, capace di aiutare molte persone. Superiamo insieme questi falsi miti e scopriamo il vero potenziale dell’ipnosi.

 

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Chirone: la ferita karmica e la profonda lezione di guarigione

Chirone, noto anche come il “Guaritore Ferito”, è una figura complessa della mitologia greca che astrologicamente descrive la ferita karmica che ognuno di noi porta con sé. Questo articolo esplorerà la storia di Chirone, il suo simbolismo e come la sua ferita rappresenti un’importante lezione di guarigione e crescita personale.

Chi Era Chirone?

Le Origini di Chirone

Chirone nacque dall’unione non consensuale tra il titano Crono e la ninfa oceanina Filira. La leggenda narra che Filira per sfuggire alle indesiderate attenzioni di Crono si trasformò in giumenta, ma a sua volta Crono si trasformò in cavallo per possederla. Questo particolare concepimento rese Chirone un centauro, una creatura metà uomo e metà cavallo. Tuttavia, a differenza degli altri centauri, noti per la loro natura selvaggia e caotica, Chirone era gentile, saggio e dotato di grande saggezza e conoscenza.

Dopo la nascita di Chirone la madre, spaventata e disgustata dall’aspetto del figlio, lo abbandonò. Il neonato fu trovato e allevato dal dio Apollo e dalla dea Artemide, che gli insegnarono le arti della medicina, della musica, della caccia e della profezia.

Sotto la loro guida, Chirone divenne un maestro di innumerevoli discipline, guadagnandosi il rispetto degli dei e degli uomini.

Il Maestro dei Maestri

Chirone è noto per essere stato il mentore di molti eroi greci, tra cui Achille, Asclepio e Giasone. La sua saggezza e la sua conoscenza erano leggendarie, e molti venivano a lui per imparare e ricevere guida.

La Ferita di Chirone

La Ferita Incurabile

La svolta tragica nella vita di Chirone avvenne durante un incontro con Ercole. Un giorno, mentre Ercole combatteva contro altri centauri (oppure, secondo altre fonti, durante i festeggiamenti per il buon esito delle famose 12 fatiche) una delle sue frecce, intrisa del veleno mortale dell’Idra, colpì accidentalmente Chirone ad una zampa.

Essendo immortale, Chirone non poteva morire, ma il dolore della ferita era insopportabile e incurabile. Nonostante le sue immense conoscenze, e gli ulteriori studi ed esperimenti che condusse su sé stesso per trovare sollievo, Chirone non riuscì a curare se stesso.

Tuttavia questa esperienza e le sue susseguenti ricerche lo portarono ad essere consacrato padre di innumerevoli terapie olistiche, i cui benefici giovano tuttora a molte persone.

Il Sacrificio di Chirone

Per trovare sollievo dal suo tormento, Chirone scelse infine di rinunciare alla sua immortalità. Si offrì di prendere il posto di Prometeo, che era stato condannato a un’eterna sofferenza. Zeus accettò il sacrificio di Chirone, permettendo così al centauro di trovare pace nella morte.

Chirone come Ferita Karmica

Il Significato della Ferita karmica

Nel contesto della simbologia karmica, la ferita di Chirone rappresenta le nostre ferite interiori e i traumi che portiamo con noi. Queste ferite non sono solo fisiche, ma spesso emozionali e psicologiche: sono le cicatrici che ci ricordano le lezioni più profonde della nostra esistenza.

La Guarigione Attraverso la Conoscenza

Chirone insegna che la guarigione non avviene semplicemente curando il sintomo, ma attraverso la comprensione e l’accettazione del dolore. Questo processo di guarigione è lungo e complesso, ma è anche profondamente trasformativo. Chirone ci invita a diventare i guaritori di noi stessi, utilizzando la saggezza acquisita attraverso l’esperienza per aiutare gli altri.

Chirone nell’Astrologia

Chirone è stato scoperto il 1º novembre 1977 dall’astronomo Charles Kowal presso l’Osservatorio di Monte Palomar in California. Al momento della scoperta, Chirone fu inizialmente classificato come un asteroide, tuttavia, successive osservazioni rivelarono caratteristiche che portarono a una rivalutazione della sua classificazione: si tratta infatti di un oggetto celeste particolare, situato tra le orbite di Saturno e Urano, che presenta caratteristiche ibride tra quelle degli asteroidi e delle comete e questo lo rende un membro della classe dei Centauri, una famiglia di piccoli corpi ghiacciati che orbitano il Sole tra Giove e Nettuno.

Chirone nel Tema Natale

In astrologia, Chirone è considerato un simbolo delle nostre ferite più profonde, spesso indicate come “ferite karmiche”. La posizione di Chirone nel tema natale di una persona può rivelare le aree della vita dove queste ferite sono più presenti e dove è necessario lavorare per guarire. A differenza di altri Pianeti che rappresentano energie dinamiche e manifeste, Chirone indica aree di vulnerabilità e potenziale crescita spirituale.

L’Archetipo del Guaritore Ferito

L’archetipo di Chirone nel tema astrologico rappresenta il potenziale di trasformare il dolore in saggezza e il trauma in forza. È un promemoria che anche le ferite più dolorose possono diventare le fonti della nostra più grande crescita e della nostra capacità di aiutare gli altri.

In un tema natale, Chirone rappresenta il luogo in cui si può trasformare il dolore in saggezza e compassione, dove attraverso la comprensione e l’accettazione delle proprie ferite, si può sviluppare la capacità di guarire se stessi e gli altri.

Chirone nelle Case e nei Segni

  • Chirone nelle Case: La casa in cui si trova Chirone nel tema natale indica l’area della vita dove la ferita karmica è più evidente. Ad esempio, Chirone in quarta casa potrebbe indicare ferite legate alla famiglia e alle radici, mentre Chirone in decima casa potrebbe suggerire problemi legati alla carriera e al riconoscimento sociale.
  • Chirone nei Segni: Il segno zodiacale in cui si trova Chirone rappresenta il modo in cui queste ferite si manifestano e come si possono affrontare. Ad esempio, Chirone in Ariete potrebbe indicare ferite legate all’identità e all’autostima, mentre Chirone in Pesci potrebbe suggerire una ferita spirituale o legata alla mancanza di confini.

Conclusione

Chirone, con la sua storia di dolore e guarigione, ci insegna che le nostre ferite non devono necessariamente essere dei fardelli. Possono diventare le chiavi della nostra crescita personale e spirituale. Abbracciando le lezioni di Chirone, possiamo trasformare il nostro dolore in una fonte di saggezza e compassione, non solo per noi stessi, ma anche per coloro che ci circondano.

Spero che questo articolo ti abbia aiutato a comprendere meglio la ricca simbologia di Chirone e come poter applicare le sue lezioni nella tua vita quotidiana.

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La Ferita del Rifiuto e gli archetipi astrologici

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La Ferita del Rifiuto e gli archetipi astrologici

La ferita del Rifiuto è una ferita molto profonda che si riattiva nell’infanzia per via del sistema familiare o dell’ambiente domestico, ma in effetti ha origini più antiche.

Si tratta di una ferita che porta la persona a sentirsi respinta in tutto il suo essere e fra le cinque ferite è la prima che si manifesta: l’Anima che torna sulla Terra allo scopo di risolverla di solito vive il rifiuto fin dalla nascita se non addirittura prima.

È il classico esempio del figlio non voluto, o desiderato di sesso diverso. È un filtro che porta la persona a sentirsi rifiutata e respinta anche quando non lo è.

Il mito di Chirone

Si può immediatamente notare l’assonanza con il mito di Chirone, rifiutato e abbandonato alla nascita in quanto deforme e frutto di violenza, non per nulla simbolo astrologico rappresentativo delle ferite karmiche.

E’ molto difficile in realtà collegare in modo netto una ferita animica con una specifica configurazione astrologica, perché non si può mai generalizzare e occorrerebbe verificare il singolo Tema natale nella sua completezza e, soprattutto, ascoltare la persona e il suo vissuto personale.

Tuttavia la ferita del rifiuto risuona in particolare con alcuni archetipi, alcune energie zodiacali bloccate o vissute alle loro ottave inferiori fino a quando la ferita non guarisce.

Ad ogni ferita inoltre corrisponde una maschera che la persona indossa per evitare di soffrire.

La maschera del fuggitivo

La maschera corrispondente alla ferita del rifiuto è quella del Fuggitivo: un corpo striminzito, contratto, che non vuole occupare troppo spazio.

Il Fuggitivo dubita del proprio stesso diritto ad esistere e spesso ha un corpo che appare frammentato, incompleto. A volte ha un incavo nel petto o nel ventre che fa sembrare la persona chiusa su sé stessa: spalle incurvate, braccia aderenti al corpo.

La persona afflitta da questa ferita tende a sfuggire nel suo mondo, o a starsene tra le nuvole, persa nel proprio universo privato.

Si tratta di una persona che, soprattutto nell’infanzia, desidera che qualcuno si accorga che esiste, anche se non crede di averne diritto.

Le corrispondenze astrologiche con la ferita del rifiuto

Astrologicamente questa ferita ha corrispondenze sia con il Segno dei Pesci sia con l’Ariete e le rispettive Case, dodicesima e prima, dove possiamo trovare Chirone, Saturno o anche il Nodo lunare Sud, soprattutto se in aspetto di tensione con altri Pianeti.

Può apparire strana l’associazione con due Segni zodiacali così differenti, tuttavia condivido con voi la riflessione che mi è sorta constatando questa doppia somiglianza: il Segno dell’Ariete è colui che viene ad affermare il proprio diritto ad esistere, combattere, se necessario anche scontentando chi lo circonda.

Proprio ciò che il Fuggitivo non riesce a fare.

Attitudine che richiede grande coraggio e che è probabilmente mancata nel corso delle vite precedenti alle anime con una ferita nell’archetipo Ariete.

Chi ha nel suo Tema natale una simile configurazione coerente con la ferita del rifiuto sente di dover faticare penosamente per essere considerato.

La maschera del Fuggitivo ci porta poi al Segno dei Pesci, come se, non riuscendo ad affermarsi, la persona si rifugiasse nel segno zodiacale precedente, il Segno della alienazione, della fuga dalla realtà, del distacco dalle cose materiali.

Il Fuggitivo cerca la solitudine perché non sa come gestire l’attenzione, addirittura quando ne riceve si sente soffocare, infastidito come se la sua esistenza fosse di troppo: viene considerato un solitario e più si isola più si sente invisibile, escluso, dimenticato.

Non dobbiamo dimenticare però che tutto nasce da una ferita karmica, che è nata in un momento remoto e probabilmente dimenticato in cui è stata la persona stessa ad essersi autorifiutata, dando origine ad un circolo vizioso in cui più si autorifiuta, più ha paura di venire rifiutata.

Le dinamiche karmiche

Una persona con questa ferita continua a sminuirsi, crede di essere sempre peggio degli altri, pensa sempre di disturbare, non osa chiedere e ha paura a dire la propria opinione.

Un’ altra caratteristica del Fuggitivo è la ricerca della perfezione in tutto ciò che fa, poiché crede che se commetterà un errore verrà giudicato e dunque respinto. E questo ci porta ad un altro Segno, quello opposto ai Pesci, ovvero la Vergine.

La ricerca della perfezione può diventare addirittura ossessiva e in tal modo finirà con l’attrarre ancora più situazioni di rifiuto.

La guarigione dalla ferita del rifiuto

La guarigione passa per il coraggio di prendere sempre di più il posto che ti compete, quando osi affermare te stesso, sentendoti comunque a tuo agio se anche qualcuno pare dimenticare la tua esistenza.

Se ti accorgi di essere bloccato dalla ferita del Rifiuto, ti consiglio di guardare il video di approfondimento che trovi sul mio canale Youtube, e iniziare un percorso di guarigione.

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Anche l’abbandono può essere karmico

Si sente spesso parlare della “Ruota del Karma”, un destino che si ripresenta in modo circolare nella vita, o per meglio dire di vita in vita finché non viene risolto, e a volte questo può riguardare anche la ferita dell’abbandono.

Ma come funziona il ciclo karmico?

Secondo i maestri tibetani, che dedicano la vita da millenni allo studio di queste tematiche, arriviamo in questa vita non per caso e nemmeno esattamente per scelta consapevole, ma perché il nostro karma e la nostra coscienza decidono dove e quando dobbiamo incarnarci.
Nasciamo in una certa famiglia e in un certo luogo perché quelle sono le le persone e le circostanze più adatte per metterci nella condizione di esaurire il karma accumulato ed evolvere.

Cicli che si ripetono

Ti è mai capitato di dire “non sarò mai come mia madre/padre” e poi ritrovarti ad usare le stesse parole, o rimproverare i tuoi figli per le stesse cose? Oppure di renderti conto che attiri sempre lo stesso tipo di persone a livello di relazione?
A me sì.

Addirittura chi vive la ferita dell’abbandono spesso è attivo nell’andare a ricercare anche a distanza di anni proprio quelle stesse persone che l’hanno abbandonato già una volta, per scoprire poi che nulla è cambiato, e rivivere nuovamente quel ciclo di dolore.

Se ti trovi a sciogliere un karma legato all’abbandono, probabilmente l’hai vissuto sotto diverse forme:

  • abbandoni vissuti e ripetuti dalla famiglia di origine in avanti;
  • abbandonare o essere abbandonati nell’ambito delle relazioni sentimentali;
  • falsare tutta la tua concezione di amore: una sensazione di amore legata alla mancanza, all’assenza;
  • pensare “Mi ama, ma non può esserci per me“, declinato in mille forme diverse e in altrettante relazioni.

Il percorso verso la consapevolezza che chi ama c’è, sempre, è lungo e tortuoso, perché lo riconosci a livello razionale ma poi in profondità giustifichi sempre chi non c’è.

Ma la realtà è una: chi non c’è, ha semplicemente altre priorità rispetto a te. Brutale, lo so.

Hai presente? Quell’amore doloroso che ti scava dentro nell’assenza, tenuto vivo da un messaggio saltuario, da un “vorrei, ma purtroppo…”.

Nel processo di guarigione si arriva ad un certo punto finalmente non a capire, ma a “sentire” che quello che per tutta la vita hai chiamato “Amore”, in realtà non l’Amore non c’entra nulla. Ma nemmeno gli somiglia.
E questa è una nuova consapevolezza incredibilmente liberatoria.

Questo è ovviamente solo un piccolo pezzettino del percorso, una piccola nuova consapevolezza che si aggiunge alla comprensione delle dinamiche di abbandono che chi porta dentro questa ferita mette in atto: perché da vittima è un attimo trasformarsi in carnefice, abbandonare qualcuno per la paradossale paura di essere abbandonati, oppure creare tutte le premesse perché quell’abbandono tanto temuto in effetti si concretizzi.

Un passo alla volta si risolve tutto, ma insieme è meglio.

Chiara

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Smettere di giudicare: ecco 3 motivi per farlo subito

Perché è importante smettere di giudicare?

Quando si lavora su di sé una delle cose più sconvolgenti è iniziare a riconoscere nei propri atteggiamenti, pensieri e comportamenti le cose che abbiamo sempre criticato negli altri.

Nessuno è esente da questo: tutte lo facciamo, più o meno consapevolmente.

Tutte abbiamo un sacco di opinioni su ciò che ci accade intorno, sulle persone, sulle situazioni, da quelle internazionali a quelle che riguardano la nostra vicina di casa, ma soprattutto su noi stesse.

A volte siamo così prese dalla preoccupazione relativa a cosa penserà qualcuno di noi, da non renderci nemmeno conto che quella persona ha tutt’altro per la testa che la nostra piccola situazione.

Ecco quindi 3 motivi per cui smettere di giudicare è sempre una buona idea:

  1. Vivere nel giudizio fa star male: più giudichi più ti senti a tua volta giudicata. Più critichi un certo modo di vestire, una particolare conformazione fisica, un modo di parlare o di essere, più avrai paura di uscire da quello schema che ti sei creata di “giusto e sbagliato” per paura del giudizio altrui. Ti costruisci una gabbia, e ti ci chiudi dentro da sola.
  2. Giudicare le situazioni provoca più dolore: più pensi che ciò che ti accade sia ingiusto, più questo ti provoca ulteriore dolore. Pensaci, se credessi che ciò che ti accade è giusto, non avresti ragione di soffrirne. La tua sofferenza si nutre del tuo giudizio: più percepisci l’ingiustizia, più soffri e più soffri più ti sembra ingiusto. Sei in un circolo vizioso,
  3. Stare nel giudizio alimenta il tuo ego: perché qualcosa che è giusto o sbagliato per te, dovrebbe esserlo in assoluto? Dal punto di osservazione terrestre, dalla terza dimensione, nessuno di noi ha davvero la percezione assoluta di cosa sia giusto e cosa no. L’unica cosa certa è che siamo talmente plasmati dai nostri limitati sensi, dall’educazione ricevuta, dall’esempio delle persone che abbiamo intorno e dalle nostre esperienze passate (e traumi, ferite, ecc.) che davvero nessuno di noi può pensare di avere una risposta “assoluta” e valida per tutti.

Se ti astieni dal giudizio in pratica vivi meglio

Inizia ad osservarti, e noterai che le situazioni che ti provocano maggiore fastidio, o rabbia, o sofferenza, sono quelle nelle quali il giudizio è maggiormente radicato.

Osservati e chiediti “Perché questa persona/situazione mi infastidisce così tanto? come dovrebbe essere, secondo me, per smettere di infastidirmi?”.

Ecco che inizi a mettere a fuoco il tuo giudizio.

Vado ancora oltre: se giudichi negativamente una persona, attenzione a cosa ti sta specchiando di te. Perché ti infastidisce? Probabilmente ti sta mostrando qualcosa di te che non ti piace. Di nuovo, che giudichi negativamente.

Prova a pensarci, e non giudicarti quando scopri che è vero!

Il primo passo è sempre quello di osservarsi con attenzione e portare alla luce della consapevolezza gli aspetti più nascosti.

Chiara

 

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